La “disestesia occlusale” è una condizione di disagio relativa al contatto tra i denti che persiste per più di sei mesi, in assenza di condizioni oggettive quali malocclusioni, disturbi dell’articolazione temporo-mandibolare o dei muscoli masticatori. Tale disturbo può insorgere di per sé, anche se spesso l’esordio avviene dopo cure odontoiatriche di tipo protesico o implantologico.
Il paziente riferisce discomfort diurno dovuto a contatto dentale anomalo, quando invece il contatto reciproco tra i denti dovrebbe essere inconsapevole. Condizioni quali elevato livello di stress, ansia, depressione o altre condizioni psichiatriche e un alterato processamento degli stimoli sensoriali a livello cerebrale possono contribuire all’insorgenza di tale disturbo.
La focalizzazione sul contatto dentale percepito come spiacevole o alterato e la preoccupazione eccessiva e prolungata creano le condizioni ideali per la cronicizzazione del problema (circolo vizioso). La ricerca scientifica in merito è ancora agli inizi, ma si ritiene che la disestesia occlusale sia più un disturbo psicosomatico che odontoiatrico in sé. Lo specialista riscontra una discrepanza, una sproporzione tra quanto percepito in bocca e riferito dal paziente, e quanto sia riscontrabile nei denti e nell’occlusione, mediante l’esame clinico ed eventuali indagini radiologiche.
La gestione ottimale prevede prima di tutto una valutazione che includa anche gli aspetti psicologici e sociali, per identificare fattori causali che non dipendono dalla bocca; secondariamente, la pianificazione di un trattamento multi-modale, che può prevedere terapia farmacologica, tecniche di rilassamento e psicoterapia cognitivo-comportamentale. Un simile intervento implica la gestione del caso da parte di un team multi–disciplinare, che includa odontoiatra, medico e psicoterapeuta. Gli esperti tendono a ritenere utile soltanto in una primissima fase di trattamento, o a volte persino controproducente, l’applicazione di un bite o dispositivo occlusale, che riduca effettivamente i contatti dentali e il tono dei muscoli masticatori: tale provvedimento, infatti, può rinforzare nel paziente la convinzione che ci sia un problema di occlusione oggettivo e “da sistemare”.